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Dimissioni dagli incarichi aggiuntivi, la protesta deve allargarsi: maestre, docenti di ruolo, precari, esiliati uniti nella lotta

Nazionale -

La protesta delle maestre e dei maestri con diploma magistrale non si ferma. In questi giorni si susseguono le iniziative che continuano ad essere fortemente partecipate, mentre oggi arriva la notizia che i colleghi in presidio sotto il MIUR Il 10 novembre sono stati denunciati, a conferma del clima repressivo che stiamo vivendo.
In Lombardia e non solo, come hanno sottolineato questa mattina i numerosi lavoratori intervenuti all’assemblea all’Istituto Comprensivo Stoppani di Milano, si sta diffondendo una forma di protesta che da sempre ha caratterizzato la lotte nella scuola e soprattutto quelle dei precari: la rinuncia agli incarichi aggiuntivi.
Le maestre e i maestri si stanno dimettendo dagli incarichi accettati nelle scuole, incarichi che sono quelli che permettono alle scuole di funzionare, incarichi che hanno a che fare con il coordinamento delle inteerclassi, il raccordo con gli altri ordini di scuola, il supporto agli studenti in maggior difficoltà in qualità di funzioni strumentali, il tutoraggio ai colleghi in anno di prova  o agli studenti di Scienze della Formazione Primaria, solo per fare degli esempi. Quegli stessi incarichi che il contratto in discussione all’ARAN vorrebbe far rientrare tra le attività funzionali all’insegnamento, rendendoli obbligatori e non retribuiti.
“Proprio per questo” sostiene Luigi del Prete di USB “sarebbe necessario che questa forma di protesta si estendesse in tutta Italia e anche a tutti gli altri precari, a partire dai laureati in Scienze della Formazione Primaria, che sono da sempre esclusi dalle Graduatorie ad Esaurimento e per i quali il governo non ha messo in campo una fase transitoria per l’accesso al ruolo, come ha fatto invece per i loro colleghi delle secondarie. Ma” aggiunge Del Prete “tale protesta dovrebbe essere fatta propria anche dai colleghi di ruolo, visto quanto contenuto nella nuova bozza di contratto collettivo nazionale e dai colleghi costretti dalla 107 alla mobilità forzata. È l’ora infatti di far ripartire la protesta unitaria di tutti i lavoratori della scuola, cui il governo vuole sottrarre diritti essenziali a fronte, peraltro, di stipendi da fame, con l’obiettivo di costruire una grande mobilitazione per lo sciopero del 23 febbraio”.