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Porto di Genova, USB: mazzette per ottenere concessioni portuali, caso isolato o normalita?

Genova -

All’indomani dell’inchiesta per corruzione a Genova che ha coinvolto anche il gruppo Spinelli e l’ex Presidente dell’Autorità Portuale di Genova Signorini, iniziano ad emergere alcuni dettagli inquietanti rispetto al sistema delle concessioni portuali nello scalo più importante d’Italia. Quello che da sempre dovrebbe fare “scuola”. Si parla di telefonate dirette tra Aponte e il dirigente della AdSP che si lamenta delle troppe concessioni verso l’ex Presidente del Genoa e del Livorno Calcio minacciando Signorini di ritorsioni. Non è da escludere che questo filone di indagine possa essere una “rappresaglia” ma bisogna considerare il rischio concreto per migliaia di lavoratori, adesso che alla famiglia Spinelli viene dato il divieto temporaneo di esercitare l’attività imprenditoriale.

Ma tornando agli aspetti generali, da una parte la Legge 84/94 che pone regole precise e stringenti per ottenere una concessione portuale dall’altra si assiste al “mercato delle vacche” con trattative telefoniche.

E non potrebbe essere altrimenti visto che ormai sono 4 o 5 i grandi gruppi terminalisti che si contendono le banchine in tutti i porti italiani. Chi è in grado di esercitare maggiori pressioni (o pagare mazzette?) ottiene ciò che vuole. Il pagamento irrisorio richiesto dallo Stato attraverso le AdSP per tali concessioni rischia di favorire questi meccanismi. Si fanno enormi profitti a fronte di entrare di pochi spiccioli.

Se aggiungiamo che negli anni la durata delle concessioni è, in alcuni casi, quadruplicata diventa chiaro come si sia scientificamente deciso di privatizzare i porti italiani. Se succede così a Genova come funziona negli altri porti? Come mai gli armatori stanno facendo pressioni affinché si arrivi alla privatizzazione anche delle AdSP?

C’è solo un modo per evitare tutto ciò favorendo il bene pubblico e non il profitto di pochi soggetti privati. Tornare all’utilizzo delle banchine pubbliche. Le concessioni devono essere l’eccezione (così com’era in passato) e non la regola. La favola che solo il privato può garantire gli investimenti è, appunto, una favola. Quanti milioni di euro pubblici sono stati spesi per le infrastrutture portuali?

Dopo i fatti di Genova crediamo sia giunto il momento di aprire una riflessione seria su questi temi. Una discussione non più rimandabile.

USB Mare e Porti